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Quali sono le keywords più ricercate in Italia?

Se siete interessati a far crescere la vostra presenza online in Italia, una comprensione approfondita delle keyword più ricercate è essenziale. In questo articolo, esploreremo le keyword più popolari in Italia e i KPI associati che possono aiutarvi a ottimizzare la vostra strategia di marketing digitale.

Oggi diamo spazio a una ricerca che può dire tanto sulle abitudini degli Italiano nell’utilizzo di Google il motore di ricerca più utilizzato al mondo: tutti noi cerchiamo ogni giorno qualcosa su Google e ogni anno l’attività sul web aumenta.

Quali sono le keywords più ricercate in Italia?. Se siete interessati a far crescere la vostra presenza online in Italia, una comprensione approfondita delle keyword più ricercate è essenziale. In questo articolo, esploreremo le keyword più popolari in Italia e i KPI associati che possono aiutarvi a ottimizzare la vostra strategia di marketing digitale.

Quando parliamo delle keywords ci sono moltissime cose da controllare, in particolare il loro volume di ricerca e la loro keyword difficulty (il grado di difficoltà nel posizionare un sito nella SERP per una specifica parola chiave): ha senso dunque unire questi due parametri e scoprire le parole chiave con il massimo livello di keyword difficulty e allo stesso tempo molto ricercate a livello nazionale.

Cos’è una Keyword e perché sono Importanti?

Prima di immergerci nelle keyword più ricercate in Italia, è fondamentale comprendere cosa sono e perché sono così importanti per il successo online. Le keyword sono le parole o le frasi che gli utenti digitano nei motori di ricerca per trovare informazioni, prodotti o servizi online. Sono il ponte tra ciò che gli utenti cercano e ciò che tu offri sul tuo sito web.

perchè le keyword sono importanti?

  • Guidano il Traffico: Utilizzando le keyword giuste, puoi attirare utenti interessati al tuo contenuto, aumentando il traffico sul tuo sito web.
  • Migliorano la Classifica: Le keyword ben ottimizzate contribuiscono a migliorare la posizione del tuo sito web nei risultati di ricerca, aumentando la visibilità.
  • Aumentano le Conversioni: Utilizzando keyword pertinenti, puoi attirare utenti più propensi a compiere azioni desiderate, come l’acquisto di prodotti o la registrazione.

Ecco tutti i risultati del 2023

Le keywords con il volume di ricerca più alto sono i nomi dei siti che si usano ogni giorno, regolarmente: Facebook (un record con 151 milioni di richieste al mese!, vedi anche il nostro articolo al riguardo Facebook e il suo potere in Italia), google, twitter, youtube, skype, yahoo, gmail ed altri; anche gli altri servizi di Google sono molto cercati, come maps, immagini, news, traduttore. A proposito di traduttore, molto spesso gli italiani sono alla ricerca di traduzioni online. Gli italiani digitano spesso su Google anche varie piattaforme di posta elettronica come gmail, libero mail, virgilio, hotmail, ecc.

Anche Google conferma che la cara vecchia televisione è ancora molto cara agli italiani: la parola TV in Italia è ancora molto popolare, le query di ricerca sono circa il 10% della lista! Per quanto riguarda i programmi specifici, i leader in Google sono Il Segreto e Grande Fratello.

Tra le parole più popolari ricercate su Google c’è la keyword meteo in diverse declinazioni, c’era da aspettarselo, così come query inerenti l’amato mondo del calcio. Poi ci sono parole chiave inerenti specifici brand o i nomi dei vip, e c’è un forte interesse degli utenti per i voli low-cost: l’elenco include infatti quattro compagnie aeree (Easyjet, Vueling, Ryanair, Volotea).

Quali sono le keywords più ricercate in Italia?. Se siete interessati a far crescere la vostra presenza online in Italia, una comprensione approfondita delle keyword più ricercate è essenziale. In questo articolo, esploreremo le keyword più popolari in Italia e i KPI associati che possono aiutarvi a ottimizzare la vostra strategia di marketing digitale.

Infine, fanno capolino keywords che riguardano il nostro tempo libero: la maggior parte degli utenti italiani cercano oroscopo, lottomatica e… porno (che non è certo una sorpresa).

Le cose che chiediamo a Google

Lo sapevate che dal 2004 le ricerche how to sono cresciute del 140% in tutti i Paesi e riguardano per la maggior parte le riparazioni domestiche? Google però non è solo il custode dei nostri dubbi pratici, ma anche e soprattutto dei nostri timori nascosti, quelli che di rado ci azzardiamo a rivelare. Lo dice l’analista di dati online Seth Stephens‑Davidowitz, che per quattro anni ha passato al setaccio una quantità impressionante di ricerche effettuate su Google dagli americani.

Ecco comunque la lista di Google dei “come fare” più cercati in Italia dal 2004 ad oggi [fonte Google Trends]:

  1. come fare soldi
  2. come fare screenshot
  3. come fare la pasta
  4. come fare backup
  5. come fare spid
  6. come fare il pane
  7. come fare la pizza
  8. come fare lo slime
  9. come fare postepay
  10. come dimagrire

Un’altra curiosità? Se il luogo comune vuole che solo le donne siano preoccupate per il proprio aspetto, Google ci dice che non è così, almeno negli USA: il 42% degli uomini cerca pagine di fitness e bellezza, il 33% consigli per perdere peso, il 39% informazioni su chirurgia estetica.

Inoltre è possibile utilizzare Google Trends per avere una panoramica istantanea sulle ricerche effettuate nelle ultime 24hr aggiornati in tempo reale dal famoso motore di ricerca di Mountain View.

La ricerca delle keywords più ricercate in Italia è un passo fondamentale per migliorare la SEO del tuo sito web. Sfruttando strumenti come Google Keyword Planner e Google Trends, puoi scoprire keywords rilevanti e rimanere al passo con le tendenze di ricerca. Ricorda che la SEO è un impegno continuo, e l’ottimizzazione delle keywords è una parte cruciale di questo processo. Mantieni il tuo sito allineato alle esigenze degli utenti e alle tendenze di ricerca, e vedrai crescere il tuo traffico organico e la visibilità online del tuo brand.

Qual è il passo successivo dopo aver identificato le Keyword più importanti per il mio sito o blog? Prima di avviare un sito internet è necessario effettuare un’analisi delle parole chiave da utilizzare per la propria campagna e migliorare la SEO dei propri contenuti coerentemente con le keyword prescelte. Scopri qui che cos’è la SEO?

Facebook dice addio all’utilizzo di fornitori esterni di dati

“Abbiamo la responsabilità di proteggere i vostri dati, e se non ci riusciamo, non meritiamo di servirvi. Ho lavorato per capire esattamente cos’è successo e come fare in modo che non succeda di nuovo. Ma abbiamo anche commesso degli errori, c’è altro da fare e dobbiamo farlo.”

Con queste esatte parole Mark Zuckerberg ha ammesso le responsabilità di Facebook nel caso che in questi giorni ha travolto il social più celebre del mondo, accusato di aver condiviso con la società di marketing data-driven Cambridge Analytica i dati di 50 milioni di utenti americani senza il loro consenso, per potere influenzare le loro preferenze politiche in occasione dell’ultima campagna elettorale USA.

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Forse è proprio quest’ultimo il dettaglio che ha creato più scalpore che ha messo davvero a dura prova la sua immagine. Dunque Facebook non ha perso tempo e ha rassicurato, anche concretamente, i propri utenti sulla sicurezza della propria politica di utilizzo dei dati, con una serie di annunci.

A pochi giorni dall’ammissione di colpe di Zuckerberg a nome della sua società, il 28 marzo scorso, Facebook ha reso note una serie di novità per il controllo della privacy e sempre lo stesso giorno ha anche annunciato che non utilizzerà più dati provenienti da fornitori terzi per il targeting delle sue campagne. Di fatto, si tratta di una diminuzione dei dati che vengono messi a disposizione degli inserzionisti per acquistare spazi targettizzati sulla piattaforma.

Ma a quali dati si riferisce facebook?

Fino ad ora, il tipo di informazioni sugli utenti utilizzabili per il targeting pubblicitario erano di tre tipi:

  • i dati di prima parte di Facebook, raccolti dalle informazioni dei profili e della attività degli utenti
  • i dati di proprietà degli inserzionisti (ad esempio le liste di indirizzi email)
  • i dati di terza parte, provenienti appunto da fornitori specializzati
stilverso- facebook

Una fonte di informazioni, quest’ultima, particolarmente utile soprattutto per aziende di piccole dimensioni non dotate di dati proprietari. Ma il fatto, certamente non positivo, che Facebook abbia uno scarso controllo su dove e come queste società raccolgono i dati, renderebbe il loro utilizzo rischioso per il social network. Soprattutto in un momento, come quello attuale, in cui per la piattaforma il tema privacy è davvero sulla bocca di tutti.

Graham Mudd, Product Marketing Director di Facebook, ha spiegato in una nota:

“Questo prodotto consente ai fornitori di dati di terza parte di offrire i loro segmenti di targeting direttamente su Facebook. Sebbene si tratti di una pratica comune nel mercato, crediamo che questo passo possa migliorare la privacy degli utenti su Facebook.”

Facebook continuerà invece ad affidarsi a partner esterni per la misurazione della pubblicità.

Cosa cambierà il 25 maggio 2018

L’ora X scatterà il prossimo 25 maggio!Da quel giorno sarà direttamente applicabile il nuovo regolamento europeo sulla privacy Ue 2016/679 – entrato in vigore il 24 maggio 2016 – che porterà grosse modifiche alle norme che finora hanno regolato questa materia in tutti gli stati dell’Unione europea, dunque anche in Italia.

Linguaggio semplice e chiaro

Una delle novità più applaudite è il fatto che dal 25 maggio le aziende che vogliono detenere e usare i nostri dati dovranno chiedercelo con un linguaggio chiaro e comprensibile, senza vocaboli tecnici o giuridici, in modo tale che tutti possano capire l’informativa. Saranno bandite le clausole tecniche e quelle scritte in caratteri troppo piccoli; le aziende dovranno dimostrare di aver ricevuto un’autorizzazione al trattamento dei dati, in maniera inequivocabile e comprensibile.stilverso- 25 maggio

Principio di accountability

Con il nuovo regolamento viene finalmente definito il principio che prevede che sia responsabilità del possessore dei dati sensibili conservarli in maniera corretta.

Dati a scadenza

Una novità a beneficio dei consumatori è il principio di “retentio”. Cosa significa? Il nuovo regolamento introduce il concetto di scadenza dei dati. In ogni informativa sulla privacy dovrà essere specificato il tempo entro il quale il dato sensibile andrà trattato, scaduto il quale il trattamento diventerà illegittimo.

Addio al consenso senza specifiche

Con la nuova normativa le aziende dovranno chiedere il consenso non solo all’uso dei nostri dati, ma dovranno specificare anche l’utilizzo che ne faranno, distinguendo, per esempio, se il fine è quello di marketing, di profilazione, di geolocalizzazione, o altro. Ogni tipo di attività di trattamento implicherà un consenso specifico che il consumatore sarà chiamato a firmare, mettendo così fine alle informative “cumulative”.

Sanzioni

Una delle più grandi novità del regolamento è quella che riguarda i casi di data breach: le violazioni dei dati, per esempio in caso di attacchi informatici o furti. La norma introduce infatti il diritto per tutti i cittadini, siano essi aziende o persone fisiche, di conoscere la violazione dei dati che le aziende saranno obbligate a comunicare al Garante. Per i trasgressori le sanzioni, applicabili dal 25 maggio 2018, arriveranno fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato.

A cambiare saranno le leggi che chiunque maneggi dati personali dovrà rispettare per poter continuare a farlo, ovvero qualsiasi azienda con cui sottoscriviamo un contratto in cui inseriamo i nostri dati personali, comprese quelle attive solo online.Vediamo più nello specifico grazie agli avvocati di @Repubblica i punti salienti, così da essere preparati:Cosa cambierà il 25 maggio 2018. L’ora X scatterà il prossimo 25 maggio!

Più tutele per i minori

Maggiori tutele anche per i minori. In particolare, per i minori di 16 anni sarà necessaria anche l’autorizzazione del genitore o di chi ne abbia la potestà. Una regola, quest’ultima, che varrà anche per i servizi su Internet e per i social media.

Il diritto di conoscere i propri dati

Continuiamo continuamente a ricevere email o messaggi da servizi che non ricordiamo di aver richiesto e temiamo di avergli fornito anche dati sensibili come il nostro numero di telefono.Con il nuovo regolamento che sancisce il diritto di accesso, tutti i consumatori potranno rivolgersi alle società chiedendo che gli vengano forniti i dettagli sui dati che hanno comunicato loro, chiedendo anche di chiarire come vengono trattati e come sono stati ottenuti. Le aziende, dal canto loro, saranno soggette all’obbligo di risposta.

Cookie di terze parti: Google dice stop

Pare decisa ormai la tendenza verso un mondo sempre più cookieless ossia senza l’utilizzo di cookie di terze parti. Negli ultimi anni infatti i consumatori hanno iniziato a prestare sempre più attenzione a come i propri dati vengono utilizzati e il quadro normativo, di conseguenza, si sta adattando e diventando sempre più mirato alla protezione della privacy. Per queste motivazioni anche Google lo scorso 27 luglio, ha annunciato lo stop dei cookie di terze parti per la seconda metà del 2024, prorogando di fatto la scadenza precedentemente comunicata di fine 2023.

Sono dei cookie implementati da siti web su altri siti in modo tale da raccogliere informazioni sulle preferenze degli utenti che visitano quel sito. In poche parole quando visitiamo un sito di qualsiasi tipo che al suo interno contiene bottoni di altri siti come i like di Facebook, questi ultimi, prendendo questo caso d’esempio, raccolgono dati per Facebook. Essenzialmente sono dei frammenti di dati raccolti online che permettono il tracciamento degli utenti sui browser. Vengono considerati poco legali poiché non sono controllabili dall’utente perché difficilmente riconoscibili e lesivi quindi della sua privacy.

La loro cancellazione è stata una brutta notizia per tutti coloro che operano nel mondo del digital marketing e che lo utilizzano da anni come strumento di raccolta dati.

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Il settore della pubblicità online ha preso sicuramente bene la notizia di prorogare le tempistiche della loro cancellazione, ma in realtà questo nuovo tempo concesso deve essere utilizzato dai marketer per testare alternative e implementare soluzioni. Bisogna tenere conto che comunque già ad oggi esistono mercati in cui l’utilizzo di questo tipo di cookie è limitato, come Nord America ed Europa, dove oltre il 50% del consumo dei media su Internet è già contrario e non supporta i cookie di terze parti. 

Per coloro che si occupano di marketing e pubblicità online sarà molto importante fin da subito iniziare a pensare a delle soluzioni alternative per non perdere la metà dell’audience di riferimento. La vera difficoltà non sarà il lancio della campagna, ma il raggiungimento e magari il superamento, dei KPI. Da qui l’importanza di avere del budget riservato ai test pubblicitari. Sperimentare le strategie attuali riconoscendo la massima priorità ai dati di prima parte, consentirà, infatti, agli investitori di scoprire il grande potenziale offerto dal mondo post-cookie. 

L’importante, quindi, è agire adesso. Come? Ve lo spieghiamo noi!

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Testare in ambienti cookieless: come?

Ecco 4 passi cruciali da compiere per testare le campagne pubblicitarie senza i cookie di terze parti:

  1. Identificare l’obiettivo: fissare il risultato finale che si desidera ottenere, come ad esempio, prestazioni simili alle campagne con i cookie di terze parti, permette di mettere in campo le soluzioni più efficaci ed efficienti per il raggiungimento degli obiettivi. 
  2. Definire le metriche: è importante decidere subito se si vogliono misurare nuove audience, diverse creatività o differenti strategie di comunicazione. Dopo di che si procede con l’esecuzione di un primo test, che potrebbe essere di “prospecting” o contestuale, per verificare l’effettivo impatto positivo delle metriche – come il CTR, il CPA, il CPC e ROAS – sugli obiettivi generali dell’azienda. 
  3. Stabilire il budget ideale: non esiste un budget fisso valido per tutti. Una volta confermato, però, bisogna prevedere l’esecuzione del test per almeno 6-8 settimane. Ovviamente, iniziando a testare ora, si ha la possibilità di comprendere il reale budget necessario per il futuro, nonché la portata della reach e della performance delle campagne. 
  4. Coinvolgere i fornitori: confrontarsi con la propria DSP o con il data vendor per capire se sono interessati a testare alternative ai cookie di terze parti o se hanno già programmi di test disponibili, è fondamentale. Se verificate tali possibilità, il marketer potrebbe, infatti, già ritagliare del budget per i test. 

Su Quantcast è presente la Quantcast Platform che dà gli strumenti giusti per rispondere all’imminente evoluzione poiché permette di testare campagne pubblicitarie a prova di futuro e trovare nuove audience anche in ambienti cookieless come Safari e Firefox. Questa soluzione dispone di diverse funzionalità di sperimentazione per eseguire test A/B su nuove audience, creatività e strategie di comunicazione, ma non solo. Consente anche di attivare, trovare e misurare l’audience sia in ambienti che supportano ancora i cookie sia in spazi dell’open internet già cookieless.  

Cookie di terze parti: Google dice stop. Pare decisa ormai la tendenza verso un mondo sempre più cookieless ossia senza l'utilizzo di cookie di terze parti. Negli ultimi anni infatti i consumatori hanno iniziato a prestare sempre più attenzione a come i propri dati vengono utilizzati e il quadro normativo, di conseguenza, si sta adattando e diventando sempre più mirato alla protezione della privacy. Per queste motivazioni anche Google lo scorso 27 luglio, ha annunciato lo stop dei cookie di terze parti per la seconda metà del 2024, prorogando di fatto la scadenza precedentemente comunicata di fine 2023.

Per pianificare un futuro senza cookie, bisogna, quindi, raggiungere il giusto equilibrio tra la privacy e la sicurezza necessaria e al tempo stesso offrire un’esperienza utente personalizzata. Ecco perché è necessario esaminare attentamente la situazione per calcolare le spese di marketing con la consapevolezza che nei mesi a venire una parte sostanziale del budget dovrà essere investita nelle alternative ai cookie di terze parti!

Coronavirus: suggerimenti per i social media

Ti sei chiesto come sia giusto comportarsi sui social in una situazione di emergenza? Parlando del Coronavirus che sta colpendo il nostro Paese, pensi di essere d’aiuto con la tua attività mediatica? O c’è qualcosa che potresti migliorare o evitare?

Siamo nel mese di febbraio quando irrompe la notizia del primo caso di Coronavirus in Italia: il panico e le domande iniziano a presentarsi. Il riversarsi di notizie dei Tg, dei giornali e, soprattutto dei social media, è incontrollabile. Si parla di un contagio partito da Codogno, nella provincia di Lodi, che finirà per estendersi poi in tutta Italia con un numero di pazienti positivi al virus esponenziale. Fino ad arrivare a oggi, metà di marzo, con l’Italia dichiarata “zona rossa”. Tante sono le norme, le direttive, i consigli e le precauzioni prese dal governo per contenere il virus; tra le principali e più scontate: lavarsi spesso le mani, evitare i luoghi affollati, non toccarsi occhi e viso e rimanere il più possibile in casa. Ma, in questa prospettiva di emergenza, come si possono e devono comportare le aziende con le loro attività condotte sui Social media soprattutto per quanto riguarda la pubblicazione dei contenuti?

I vincoli imposti dal Governo italiano ci consigliano di ridurre la nostra vita sociale e sconvolgere i ritmi quotidiani rimanendo a casa, magari davanti alla tv e ai social media. A questo proposito, questi ultimi, giocano un ruolo importantissimo. Infatti, durante questo periodo di “quarantena” siamo chiamati a rivedere l’attività mediatica dei nostri canali.

Le attività e le aziende devono muoversi in questa direzione: avere un comportamento responsabile e rispettoso del momento che stiamo vivendo, evitando allarmismi e senza uscire del tutto dalla scena, ricordando di essere vicini ai consumatori e ai cittadini.

Per la prima volta, il nostro paese si sta confrontando con un cambiamento catastrofico in cui deve comunque saper gestire l’emergenza. È in questo scenario mutato che le aziende devono saper comunicare nel modo adeguato. A questo punto ci troviamo di fronte a un bivio: o restiamo tutti soli o ci diamo una mano a vicenda restando umani e facendo l’interesse della nostra attività economica; tenendo anche in considerazione la realtà sociale e l’importanza dell’educazione alla cittadinanza e alla salute del nostro Bel Paese.

Così, in questa situazione di allarme, dobbiamo entrare in una modalità straordinaria di comunicazione attraverso i media, rivedendo i nostri piani aziendali e cercando di capire quali siano le priorità del momento. Molto importante è anche il tono di voce che utilizziamo nei contenuti che scegliamo di pubblicare. In questa emergenza Coronavirus, quindi, come dobbiamo comportarci sui Social con la nostra attività?

1. Rielaborare il piano editoriale

Il primo elemento da valutare è proprio il piano editoriale, cioè il nostro programma pensato giornalmente, settimanale o mensilmente, per quanto riguardo la pubblicazione dei nostri contenuti. Certamente, dobbiamo continuare a essere presenti con la nostra attività per non essere dimenticati, ma occorre rivedere quei post o elementi che potrebbero essere fuori luoghi o inutili dato il momento che stiamo vivendo. Altra cosa utile è informare gli utenti su cambiamenti di orari, chiusure e precauzioni prese in questa fase di emergenza.La sicurezza prima di tutto, la gente apprezzerà!

2. Evitare l’ironia a tutti i costi

Siamo d’accordo sul fatto che ironizzare sia un modo per esorcizzare e combattere la paura ma, se esacerbata, potrebbe diventare di cattivo gusto e infastidire la sensibilità delle persone. Quindi, evitiamo i contenuti troppo ironici sulla questione, privilegiando consigli utili per sconfiggere il panico e gestire la situazione nel migliore dei modi.

3. Analizzare le campagne pubblicitarie attive

Occorre capire quali programmi e attività sia più utile continuare e quali mettere in pausa. Ovviamente, quelle attività che sono meno importanti e trascurabili al momenti possono passare in secondo piano, ancor di più se potrebbero andare a scontrarsi con il periodo e con le norme da seguire in questo momento di restrizioni.

4. Aiutare la nostra comunità

Pensiamo a cosa potremmo fare, attraverso i Social, con la nostra comunità! Possiamo infatti sensibilizzare la gente grazie anche alle nostre competenze e conoscenze, utilizzandole per suggerire e raccomandare i giusti comportamenti da seguire.

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Possiamo impiegare i nostri servizi e i nostri prodotti per fare del bene a tutti.
È importante quindi garantire attraverso i Social Media, la continuità delle nostre attività a patto che i contenuti siano rispettosi della situazione che stiamo vivendo. Dare vita a una serie di campagne di comunicazione mirate a supportare le proprie iniziative e il coinvolgimento di tutto il network aziendale (clienti, collaboratori e colleghi).

Utilizzando i Social in questo modo la nostra attività potrà sopravvivere a questa crisi che interessa tutti i settori e potrà anche essere d’aiuto e vetrina di buona condotta, affermandone l’immagine e la buona reputazione.
Quando tutto sarà finalmente terminato, potremo ricominciare con le attività che da sempre abbiano condotto nella normalità, ma con un qualcosa in più: di fronte alla crisi e ai cambiamenti della nostra società, chi si attrezza per tempo continua a vincere!

Amazon Go: l’inizio di una nuova era?

Tutti ne hanno parlato, non potevano esimerci perché la notizia è di quelle che potrebbero rivoluzionare il nostro modo di rapportarci all’acquisto dei beni di consumo. E’ l’inizio di una nuova era nel settore dello shopping “fisico”? Fare la spesa non sarà più lo stesso? Staremo a vedere. Intanto approfondiamo.

Cosa succede

Questa settimana apre a Seattle (vedi dove) il primo negozio Amazon Go: all’apparenza sembra un normale negozio di alimentari, ma è la tecnologia commerciale all’avanguardia che lo rende attualmente il negozio più avanzato del mondo. Non ci sono i cassieri e si paga la spesa direttamente tramite il proprio account Amazon, senza metter mano né al portafoglio (che roba obsoleta!) né allo smartphone.

Questa nuova esperienza di shopping senza cassa proposta da Amazon è resa possibile grazie a molte delle tecnologie che si trovano già a bordo delle auto a guida automatica: visione artificiale, sensori e machine learning che apprendono dall’esperienza. Tutto converge nel sistema chiamato Just Walk Out Shopping, che è in grado di rilevare quando i prodotti sono presi o rimessi sugli scaffali (attenzione, non scannerizzati, semplicemente presi!) tenendone traccia nel carrello virtuale del cliente. Finito lo shopping, si esce semplicemente dal negozio e, dopo poco, il conto verrà addebitato sull’account Amazon che invierà una ricevuta. Fine.

Come funziona

L’apertura era prevista a inizio 2017, ma a marzo scorso la compagnia l’aveva sospesa. Secondo quanto aveva riportato allora il Wall Street Journal, il “cervello” informatico del negozio aveva dei problemi a tenere sotto controllo più di 20 persone contemporaneamente. Dunque ora sono centinaia le micro cam sparse nel negozio: per capire quali prodotti vengono acquistati Amazon usa videocamere con sistemi di computer vision, machine learning e vari sensori sparsi lungo tutta la superficie.

Quando entra infatti il cliente scansiona un’app dello smartphone in modo tale che un reader riconosce il QR code del cliente e da lì in poi tutti i suoi moviemnti. Poi , una volta all’interno del supermercato, ci si comporta come sempre. Si cammina tra gli scaffali, si prende della merce, poi si cambia idea e la si rimette al suo posto. Senza mai scannerizzare. E, finita la spesa, non esistono cassieri o casse automatiche, si esce e basta: i soldi sono prelevati automaticamente dalla propria carta di credito.

stilverso- amazon go

Cosa vende

È un classico supermercato “medio-piccolo”, quindi saranno presenti i classici generi alimentari pre-confezionati preparati ogni giorno dagli chef all’interno del supermercato, o cucinati al momento in tempo record. Si può fare colazione, pranzo, cena o mangiare uno snack veloce. La selezione di prodotti alimentari spazia dal pane al latte, dai formaggi artigianali alla cioccolata locale. Non mancano, inoltre, marche molto conosciute, oltre a reparti speciali. Inoltre, per chi ha fretta, può comprare uno dei kit Amazon – studiati dai loro cuochi – per preparare a casa un pasto per due in circa 30 minuti.

E i cassieri?

Se il primo Amazon Go nella città natale del colosso americano darà i suoi frutti ne saranno aperti altri 2000 in giro per il mondo. La figura del cassiere però non sarà eliminata, solo riposizionata: all’interno del primo Amazon Go lavorano otto dipendenti, molti di più di quelli che la grandezza del supermercato porterebbe a pensare.